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Troina Capitale

...prima Capitale Normanna di Sicilia

Ultima modifica 18 aprile 2024

Il periodo storico più importante, comunque, arrivò con il normanno Ruggero che la scelse come sede della sua corte e punto di partenza per la conquista dell’isola a danno degli arabi che la occupavano da due secoli. La città era inespugnabile e solo uno stratagemma permise a Ruggero di conquistarla. Per decenni Troina fu il suo caposaldo, il suo avamposto e capitale della sua contea, con tutti i vantaggi di ospitare una piccola corte. Il conte migliorò le fortificazioni, costruì una chiesa (probabilmente la prima nell’isola con rito latino dopo la cacciata degli arabi) che diventerà Cattedrale quando istituì a Troina la prima sede vescovile della Sicilia (a.D. 1082), nuove strade, nuovi palazzi e, nelle vicinanze della città, due dei più famosi monasteri basiliani della Sicilia, quello di San Michele Arcangelo e quello di Sant’Elia di Ambulà, ai quali elargì grandi proprietà. Nel diploma di fondazione del vescovato veniva attribuito quasi un terzo della Sicilia in possesso ai normanni. La cittadella fortificata normanna andava dall’attuale Chiesa Madre ai ruderi della Chiesa del Nome di Gesù, nel quartiere Santa Lucia. Una fortezza lunga più di un chilometro e larga poche decine di metri con mura di difesa da tutti i lati, intervallate da torrioni. La difesa era resa più facile dallo strapiombo in quasi tutti i punti.

Nel 1088, Papa Urbano II venne a Troina per incontrare il conte Ruggero e gettare le basi alla concessione – avvenuta solo dieci anni dopo – di un singolare privilegio, l’Apostolica Legatia: l’attribuzione a Ruggero e ai suoi eredi del titolo e della dignità di legato pontificio nelle terre comitali, con il potere di nominare i vescovi nel proprio territorio.

La sede vescovile fu spostata a Messina nel 1096 con grande rammarico dei troinesi, anche se Ruggero volle che la chiesa di Troina non perdesse il titolo di Cattedrale, infatti non si parlò di trasferimento ma di unione e, per parecchi secoli, il vescovo di Messina si chiamò anche vescovo di Troina.

Grazie a questi requisiti, essa divenne una città demaniale (la tredicesima del parlamento siciliano) e tale fu per sempre, tranne due brevi parentesi, nel 1296 e nel 1644, quando fu venduta per fare cassa a feudatari, ma subito riscattata dai suoi cittadini.

Nel 1398 il re Martino, dopo un grande periodo di debolezza del potere regio, premiò la fedeltà di Troina e la elevo a rango di Universitas (città demaniale) con l’appellativo di vetustissima e ne rimarco l’antica appartenenza al potere regio, dotandola di ulteriori possedimenti.

La sua posizione strategica, su una strada di grande collegamento (l’attuale S.S. 120, unica strada militare che collegava Messina a Palermo), favorì lo sviluppo, oltre dell’agricoltura, di industrie artigiane e mercantili che eccelsero nella lavorazione e nella trasformazione di materie prime. Sui fiumi che scorrevano lungo le vallate nacquero molti laboratori per la lavorazione della seta. Dai boschi si ricavava legna e carbone che veniva esportato, e carne in grande quantità (daina, cervi, caprioli, ecc.) con la relativa pelle da lavorare. Gli enormi guadagni che ne derivavano permisero la costruzione di eleganti monumenti e furono chiamati artisti di fama come Domenico Gagini.

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